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Set 29, 2016 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, Intrusione, Leaks, Mercato, News, RSS 0
Il caso del furto di mezzo miliardo di account Yahoo sarebbe solo la logica conseguenza di una strategia aziendale che ha sempre trascurato il tema della sicurezza.
La pesante accusa nei confronti della dirigenza e del CEO Marissa Mayer arriva per bocca di una mezza dozzina di impiegati ed ex-dipendenti del colosso californiano, che in un articolo pubblicato dal New York Times dipingono un quadro desolante delle politiche aziendali di security.
Stando a quanto riportato dal quotidiano, Yahoo non ha mai preso troppo sul serio il tema sicurezza. Le cose, poi, sembrano essere peggiorate a partire dal 2012, quando Marissa Mayer ha preso il timone della società.
Il pugno di dipendenti Yahoo, che hanno chiesto l’anonimato, riferiscono infatti di continui conflitti tra i vertici dell’azienda, più preoccupati di investire in operazioni di restyling e marketing, e i responsabili dell’area sicurezza.
Tutto questo in un contesto in cui la sicurezza ha continuato a rappresentare il tallone d’Achille dell’azienda, che come ricorda il NYT può “vantare” una cronistoria di figuracce al limite del ridicolo.
La galleria degli orrori targati Yahoo comincia nel 2012, quando l’azienda (insieme ad altre, tra cui Google) subisce un attacco da parte di un gruppo di hacker cinesi. Mentre Google e le altre società coinvolte ammettono di aver subito l’attacco e prevedono investimenti per evitare episodi simili, dalle parti di Yahoo negano l’accaduto e vanno avanti come sempre.
Nel 2013 arrivano le dichiarazioni di Edward Snowden, l’ex contractor della CIA che ha acceso i riflettori sul Datagate, che classifica Yahoo come uno dei bersagli preferiti dei servizi di spionaggio internazionali.
Le cose non migliorano nemmeno nel 2014, quando Yahoo assume Alex Stamos come responsabile della sicurezza. I tentativi di Stamos di introdurre strumenti e procedure per migliorare la situazione sarebbero infatti stati contrastati dalla Mayer.
Tra le proposte di Stamos, c’era quella di introdurre la crittografia end-to-end per il messenger di Yahoo. Idea, naturalmente, bocciata.
Anzi: il team dedicato alla sicurezza si è visto tagliare ripetutamente il budget e la scarsa considerazione dimostrata nei confronti dei “paranoici” (come si sono battezzati i responsabili di sicurezza nell’azienda) ha avuto come conseguenza un vero esodo.
I migliori talenti del settore hanno infatti preferito passare ad altre aziende come Facebook, Apple e Google. Non ultimo lo stesso Alex Stamos, che a metà 2015 è passato alla corte di Mark Zuckerberg.
Tra le ragioni dell’abbandono ci potrebbe essere proprio la reazione di Yahoo all’intrusione che ha portato alla compromissione di 500 milioni di account. Marissa Mayer, infatti, si sarebbe opposta all’avvio di una procedura di reset delle password degli account potenzialmente compromessi.
Il timore, a quanto pare, era che la “scocciatura” di dover reimpostare la password avrebbe potuto portare gli utenti a scegliere un altro fornitore di servizi.
A distanza di due anni, si vedono i risultati della scelta: Yahoo è stata citata in tribunale per diverse class action promosse dai suoi utenti. Come se non bastasse, la stessa Mayer ha ricevuto una lettera decisamente “scomoda”, in cui sei senatori chiedono che Yahoo fornisca maggiori dettagli sull’attacco subito e sulle contromisure che intende mettere in atto per evitare il ripetersi di un episodio simile.
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