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Ott 04, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, Hacking, In evidenza, Intrusione, Leaks, News, RSS 0
Avete (o avete avuto) un account Yahoo! nel 2013? Bene: ora avete la certezza matematica che i vostri dati (insieme a quelli di altri 2.999.999.999 iscritti) sono stati rubati. E che qualcuno ha potuto mettere il naso nel vostro account fino a qualche mese fa.
A raccontarla sembra una barzelletta ma, purtroppo, è di quelle che non fanno ridere. Non solo perché l’ammissione della reale entità dell’attacco subito da Yahoo! (3 miliardi di account violati) arriva a distanza di 4 anni dall’intrusione dei pirati nei sistemi, ma anche perché arriva solo dopo un’estenuante e patetica escalation.
Riassumiamo: nel settembre 2016 Yahoo! rende pubblica la notizia che nel 2014 ha subito un attacco che avrebbe compromesso i dati di 500 milioni di utenti. Dopo nemmeno tre mesi, a dicembre, rende pubblico un altro “incidente” avvenuto in precedenza (nel 2013) che avrebbe avuto un impatto ancora superiore, con i dati di 1 miliardo di utenti sottratti.
Da lì parte un carosello di dichiarazioni, indiscrezioni, accuse e smentite sulle modalità con cui l’azienda avrebbe reagito agli attacchi e che tratteggia un ritratto non proprio edificante della dirigenza. Non a caso a farne le spese è Marissa Mayer, la CEO di Yahoo! che è stata costretta alle dimissioni.
A quanto risulta, infatti, l’attacco del 2014 è stato individuato quasi subito e tenuto segreto per due anni. Di quello del 2013 (e forse è peggio) gli amministratori invece non se ne sarebbero nemmeno accorti fino a una segnalazione da parte delle forze di polizia.
Ora l’ennesima “correzione di rotta” arriva a opera di Verizon, che ha acquisito Yahoo! nel giugno 2017 mettendola sotto l’ombrello di Oath, una società che controlla anche America On Line.
Proprio un comunicato di Oath annuncia adesso che sulla base di “nuove prove di intelligence”, l’azienda è giunta alla conclusione che l’attacco del 2013 abbia interessato i dati di tutti gli utenti Yahoo!. Tradotto: le informazioni personali (email, numero di telefono, data di nascita e password) di 3 miliardi di persone.
Considerato che le password in questione erano protette da hash utilizzando MD5 e che il sistema di codifica in questione è considerato da tempo terribilmente debole, possiamo tranquillamente dire che l’attacco ha praticamente permesso ai pirati di compromettere tutti gli account.
Nel comunicato è indicato anche il link a una pagina Web dedicata all’assistenza degli utenti Yahoo!. Se il comunicato di Verizon è piuttosto schietto, qui i toni sono decisamente più diplomatici: si legge per esempio che nuovi indizi hanno permesso di “identificare ulteriori utenti coinvolti”. Il vizio per l’uso degli eufemismi, evidentemente, è difficile da perdere.
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