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Ago 02, 2021 Massimiliano Monti News, RSS, Vulnerabilità 0
Il manager di sistema systemd oggi è largamente diffuso in molte distribuzioni ma, fin da quando ha iniziato a rimpiazzare init, ha sempre avuto i suoi detrattori. Che da qualche giorno hanno un argomento in più per far valere le loro ragioni. Qualys, azienda specializzata nella sicurezza in Cloud infatti ha scoperto una vulnerabilità che, se sfruttata, permette a un qualunque utente di indurre un kernel panic in un sistema Linux equipaggiato con systemd.
Il bug alla base di questa falla è stato generato nel 2015, durante una revisione del sistema di gestione dei nomi delle unità di rete. In pratica, se un utente locale tenta di montare un’unita su un percorso molto lungo (in modo che occupi più di 8 MB in memoria), può mandare in crash il sistema, sovraccaricandone lo stack.
Questo induce un errore di segmentazione, causando il crash di systemd e, dal momento che questo è il global init, cioè il processo chiave del sistema, questo genera un kernel panic.
Anche se si trovava annidata nel codice da più di sei anni (da aprile del 2015), questa debolezza è stata scoperta solo a giugno del 2020.
La buona notizia è che Red Hat e gli sviluppatori di systemd hanno patchato la vulnerabilità in modo tempestivo, subito dopo la comunicazione. Dal canto suo Qualys ha agito come da galateo, comunicando prima la vulnerabilità a Red Hat e rendendola nota solo quando la patch è stata distribuita.
Dal punto di vista della soluzione, non ci sono rimedi diversi dall’utilizzare la patch fornita. Bisogna anche precisare che non tutte le distribuzioni utilizzano systemd, ma fra quelle che lo fanno troviamo Debian 10 e naturalmente quelle strettamente collegate come Ubuntu, Mint e la maggior parte delle derivate da queste ultime.
Se possediamo o gestiamo computer basati su Linux e questi svolgono compiti critici, è senza dubbio una buona idea quella di applicare la patch prima possibile.
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