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Set 17, 2018 Marco Schiaffino News, RSS, Scenario, Tecnologia 0
Dopo la direttiva sul Copyright, approvata al secondo passaggio dal Parlamento Europeo, l’Unione sembra averci preso gusto e pensa a una nuova norma che coinvolge Internet.
Questa volta si parla di una legge che dovrebbe consentire di dare maggiore efficacia al quadro normativo in tema di anti-terrorismo, andando a colpire la propaganda sul Web. Il problema che, per come è stata descritta almeno in questa fase, rischia di trasformarsi in un potentissimo strumento di censura.
L’idea, espressa da membri della Commissione Europea a margine della plenaria del Parlamento di Strasburgo tenutasi la settimana scorsa, è di prevedere un meccanismo “accelerato” per rimuovere i contenuti pubblicati sul Web che inneggiano al terrorismo.
A colpire, però, sono due elementi. Il primo riguarda la rapidità dei termini: chi ospita i contenuti (piattaforme social o servizi di hosting) avrebbe infatti solo un’ora (60 minuti) per rimuoverli dal momento della segnalazione.
Il secondo riguarda il fatto che la legge, nelle intenzioni di chi la promuove, dovrebbe avere molte caratteristiche in comune con il GDPR, sia per quanto riguarda l’ambito di applicazione (tutto il mondo) sia per quanto riguarda il sistema sanzionatorio.
Insomma: in pratica si vorrebbe mettere in piedi un sistema per cui, chi non rimuove un contenuto segnalato da un’autorità europea entro 60 minuti rischierebbe una multa che potrebbe arrivare fino al 4% del suo fatturato complessivo.
Se questi fossero davvero i confini in cui si dovesse muovere la norma, ci troveremmo di fronte a un meccanismo devastante. Prima di tutto perché i tempi strettissimi e l’entità della sanzione minacciata porterebbero i soggetti interessati a rimuovere i contenuti segnalati senza compiere alcuna verifica.
In secondo luogo perché la definizione dei contenuti (propaganda che prepara, incita o esalta atti di terrorismo) è talmente vaga da prestarsi a qualsiasi interpretazione da parte dagli enti che sarebbero preposti a selezionarli.
Infine, c’è da considerare che Internet (o il Web) non si esaurisce, come sembrano pensare molti, ai social network come Facebook, Twitter e soci, che hanno la possibilità di rimuovere singoli post dalla loro piattaforma.
Per essere realmente efficace, una norma del genere dovrebbe comprendere anche i siti Internet, ad esempio quelli che ospitano i forum usati da molti gruppi terroristici per pubblicare i loro proclami.
In questo caso, però, il meccanismo di un’eventuale norma contro i contenuti terroristici porterebbe probabilmente il servizio di hosting a mettere offline l’intero sito.
Un sistema del genere diventerebbe un vero assist per chi volesse sfruttare la sua posizione di potere per mettere a tacere voci scomode o addirittura aprirebbe la strada ad azioni di “sabotaggio” in cui qualcuno potrebbe deliberatamente “inquinare” un sito con materiali proibiti per causare guai a chi lo gestisce.
La speranza, insomma, è che di qui a marzo 2019 (periodo indicato per avviare il percorso legislativo del provvedimento) la Commissione sappia aggiustare il tiro. In caso contrario rischieremmo di trovarci con una situazione normativa assolutamente ingestibile.
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