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Giu 11, 2018 Marco Schiaffino Attacchi, Malware, News, RSS, Vulnerabilità 0
È come avere una backdoor integrata nello smartphone, che consente in un attivo di prendere il completo controllo del dispositivo senza dover nemmeno violare le credenziali di accesso.
Stiamo parlando di Android Debug Bridge (ADB) uno strumento per sviluppatori che, almeno in teoria, dovrebbe richiedere un collegamento “fisico” via USB e una conferma di attivazione da parte dell’utente.
Peccato che alcuni produttori abbiano avuto la brillante idea di lasciare ADB attivo come impostazione predefinita in modo che sia raggiungibile da Internet sulla porta 5555.
A spiegarlo è il ricercatore di Double Pulsar Kevin Beaumont, che in un report pubblicato su Internet lancia (nuovamente) l’allarme riguardo a una funzionalità del sistema di Google che rappresneta una vera voragine di sicurezza.
L’accesso tramite ADB, infatti, consente di eseguire comandi usando una shell Unix con permessi di amministratore (nel report Beaumont spiega che in teoria questo non dovrebbe essere possibile, ma le limitazioni possono essere aggirate) e, di conseguenza, fare praticamente ciò che vuole.
Secondo Beaumont, i dispositivi con questa impostazione son numerosi e non stiamo parlando solo di smartphone, ma anche di Smart TV e altri dispositivi Android che, in tutto, potrebbero essere migliaia.
Il vero problema è che i pirati informatici se ne sono accorti da tempo e stanno andando a caccia dei dispositivi vulnerabili. Lo strumento che stanno usando è un worm (ADB.miner) che secondo i ricercatori di Qihoo 360 sarebbe derivato dal codice sorgente di Mirai, un worm che attacca i dispositivi IoT e di cui abbiamo parlato ampiamente su queste pagine.
Stando ai dati raccolti dai ricercatori, la maggior parte degli attacchi è concentrata in Cina. Un dato che fa pensare che la maggior parte dei dispositivi vulnerabili (le scansioni su Shodan lo confermano) siano prodotti e distribuiti per lo più in Asia.
Il malware in questione, si legge nel report, punta esclusivamente a installare sui dispositivi vulnerabili un miner che sfrutta la potenza di calcolo dei device compromessi per generare Monero, una cripto-valuta molto “apprezzata” dai pirati informatici. Non è escluso, però, che in un futuro più o meno prossimo il bug possa essere utilizzato per altri scopi.
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