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Nov 24, 2016 Marco Schiaffino Approfondimenti, In evidenza, RSS, Tecnologia 0
Il prossimo balzo in avanti dell’informatica, molti ne sono certi, sarà il passaggio ai computer quantistici. Questo passaggio, però, potrebbe creare qualche problema a chi si occupa di sicurezza e, in particolare, di crittografia.
Il motivo per cui i computer quantistici rappresenteranno un vero balzo in avanti a livello di capacità computazionale è che, per loro natura, “ragionano” in maniera diversa (e meno schematica) rispetto agli attuali elaboratori.
In estrema sintesi, i computer quantistici utilizzano, al posto del classico bit basato su 0 e 1, un sistema basato su 0 e “tanti 1”. Insomma, sarebbero in grado di esplorare più possibilità allo stesso tempo, consentendo di usare delle tecniche alternative che permetterebbero di più facilmente violare i sistemi di crittografia.
Ma è tutto così semplice? Michele Mosca, ricercatore all’Institute for Quantum Computing in Canada e tra gli autori di una recente ricerca su tema, mette qualche puntino sulle “i” e spiega quali possono essere le vere conseguenze dell’avvento di questa nuova generazione di macchine.
“L’uso di computer quantistici porterà sicuramente allo scardinamento dei sistemi di crittografia a chiave asimmetrica, mentre i sistemi di crittografia simmetrica, come AES, potranno resistere”.
Il motivo, spiega Mosca, è che i sistemi asimmetrici (cioè quelli che usano una chiave pubblica e una privata, come PGP o TLS) hanno una forte struttura matematica alla base, che può essere scardinata facilmente dall’uso di algoritmi e computer quantistici.
“I sistemi meno raffinati, basati su sistemi simmetrici, sono paradossalmente meno vulnerabili al calcolo quantistico. Diciamo che un sistema a 256 bit verrebbe “ridotto” a 128 bit. Per garantirne la sicurezza sarebbe sufficiente, in teoria, renderli più robusti”.
Michele Mosca studia da anni l’impatto del calcolo quantistico sui sistemi di crittografia
Molti dei sistemi utilizzati oggi, a partire da quelli alla base dei collegamenti Internet HTTPS, verrebbero invece letteralmente disintegrati.
Ma esiste una soluzione per “blindare” i sistemi crittografici in moda che siano in grado di resistere ai computer quantistici?
“Noi pensiamo di sì” spiega Mosca. “Esistono degli algoritmi su cui si sta lavorando che possono essere sviluppati già oggi, prima che i computer quantistici diventino una realtà e che permetterebbero di realizzare anche sistemi a chiave asimmetrica in grado di resistere ai computer quantistici”.
Il problema, però, è in che tempi verranno implementati. “Il rischio è che questi sistemi non siano portati a maturità in tempo. A oggi non esistono veri computer quantistici, ma solo prototipi che non sono comunque accessibili a chiunque”.
“Il giorno in cui si dovesse fare il vero salto verso il calcolo quantistico, dovremo avere già pronti sistemi crittografici adeguati. Per creare e testare questi algoritmi, però, ci vogliono degli anni. Tra le formule che scrivo sulla mia lavagna e l’implementazione nei sistemi reali c’è di mezzo un processo complesso”.
E come fa notare il professor Mosca, arrivare all’ultimo minuto apre ad altri rischi. “Quando si cerca di fare le cose in fretta, si corre il rischio di commettere degli errori. Il rischio, quindi, è che ci si ritrovi con bug e falle di sicurezza che indebolirebbero i sistemi”.
Il tutto, quindi, si risolve in una corsa contro il tempo. Con un problema: per il momento non sembra che la comunità di Internet senta ancora la questione come una vera priorità.
“Cinque anni fa sembrava che nessuno si ponesse il problema. Negli ultimi 24 mesi, però, sembra che qualcosa cominci a muoversi. Abbiamo partecipato recentemente a un workshop su questo tema con l’European Telecommunications Standards Institute (ETSI) e alcuni grandi produttori come Cisco e Microsoft, durante il quale si è notato un grande interesse sul tema. Il rischio è che non ci si muova con la necessaria velocità”.
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