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Ott 24, 2019 Marco Schiaffino Attacchi, In evidenza, News, RSS, Vulnerabilità 0
Il nome completo è Cache-Poisoned Denial-of-Service (per gli amici CPDoS) ed è una tecnica di attacco che sfrutta le caratteristiche dell’infrastruttura Web allo scopo di bloccare un sito Internet senza colpire direttamente il Web Server.
Il nuovo attacco Denial of Service sfrutta la struttura dei Content Delivery Networks (CDN) e, in particolare, la rete di server che forniscono servizi di caching per alleggerire il compito dei Web Server.
La rete messa in campo dai vari CDN ha lo scopo di rendere più efficiente il funzionamento del Web attraverso la distribuzione ai visitatori dei contenuti delle pagine Web senza doverle richiedere al Web Server, ma “pescandole” dalla loro memoria.
Come viene spiegato nel report pubblicato dai ricercatori dell’Università di Colonia, CPDoS sfrutta questo meccanismo per “avvelenare” la cache con pagine di errore. Per farlo è sufficiente inviare una serie di richieste con un http header corrotto che genera una risposta di errore del tipo “400 Bad Request”.
Se le richieste arrivano in numero sufficiente, il CDN le memorizza fino al punto in cui tutti i visitatori del sito ricevono come risposta il messaggio di errore.
I ricercatori spiegano che l’attacco ha tre possibili varianti: HTTP Header Oversize (HHO); HTTP Meta Character (HMC) e HTTP Method Override (HMO).
Dal momento che i server usati dai CDN eseguono un refresh della cache solo periodicamente, la tecnica permetterebbe di “abbattere” un sito Internet senza dover necessariamente colpire il Web Server principale anche per lunghi periodi di tempo.
Fortunatamente, spiegano gli stessi autori del report, i sistemi per mitigare il rischio di attacchi di questo genere esistono. Basta, per esempio, modificare le impostazioni dei CDN per escludere i messaggi di errore dal sistema cdi caching.
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