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Giu 25, 2019 Marco Schiaffino Attacchi, Hacking, In evidenza, Intrusione, Malware, News, RSS 0
Si tratterebbe di un’operazione di spionaggio estremamente vasta e articolata, che avrebbe preso di mira almeno una dozzina di compagnie telefoniche in più di 30 paesi nel mondo. A denunciare quella che è stata battezzata Operation Soft Cell è la società di sicurezza israeliana Cybereason.
Nel post pubblicato sul blog ufficiale della società di sicurezza i ricercatori spiegano che gli attacchi sarebbero partiti nel 2017 e avrebbero interessato almeno una decina di compagnie di telefonia mobile.
Nel report non viene fatto alcun nome, ma gli autori lasciano intendere che si tratti di grandi operatori attivi in occidente, che sarebbero stati presi di mira a opera di un gruppo hacker che i ricercatori ritengono lavorare per conto del governo cinese.
A indirizzare i sospetti verso Pechino, in particolare, sono gli strumenti utilizzati per compromettere i sistemi delle società di telecomunicazioni, che comprenderebbero una versione modificata di China Chopper, una web shell utilizzata in passato dal gruppo APT 10.
APT 10, conosciuto anche come Stone Panda, è uno dei gruppi di “hacker di stato” più attivi e temuti, che in passato ha fatto parlare di sé per una serie di attacchi clamorosi ai danni di aziende e organizzazioni governative negli anni passati.
Il modus operandi dei pirati informatici, in ogni caso, lascia pochi dubbi sul fatto di trovarsi di fronte a dei professionisti. Dopo aver compromesso un server esposto su Internet, infatti, i cyber-spioni hanno eseguito un classico “movimento laterale” all’interno della rete utilizzando strumenti come Mimikatz, per poi procedere all’installazione di backdoor nei punti sensibili e all’esfiltrazione dei dati attraverso delle VPN installate direttamente sui sistemi compromessi.
Per evitare di essere individuati, gli hacker hanno utilizzato una tecnica di attacchi “a ondate”, alternando periodi di inattività per cercare di rimanere sotto i radar degli amministratori IT, che infatti non si sono accorti di nulla per lungo tempo.
In buona sostanza, i pirati avrebbero avuto accesso a centinaia di gigabyte di dati, con informazioni sulle comunicazioni di tutti i clienti delle compagnie telefoniche. Secondo quanto ricostruito dai ricercatori, gli hacker non avrebbero però rubato informazioni di carattere finanziario, come numeri di carte di credito o simili.
La loro attenzione si sarebbe concentrata piuttosto sulle informazioni riguardanti gli spostamenti e le comunicazioni di 20-30 persone. Si tratterebbe di politici, esponenti di governo e delle forze di polizia.
Insomma: il quadro generale è quello di una classica operazione di spionaggio, che per modalità e ampiezza ha però del clamoroso.
Tutta la vicenda, poi, emerge proprio nel mezzo della prolungata crisi tra USA e Cina culminata con il bando di Huawei, finito sulla “lista nera” dell’amministrazione Trump proprio per i timori legati alla possibilità che il governo di Pechino sfrutti le infrastrutture dell’azienda cinese per le sue attività di spionaggio.
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