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Ott 04, 2016 Marco Schiaffino Attacchi, News, RSS, Vulnerabilità 1
È ufficiale: la cosiddetta “Internet of Things” si è trasformata in un disastro di proporzioni catastrofiche. Milioni (miliardi?) di dispositivi che possono essere compromessi con estrema facilità ed essere usati come “armi” negli attacchi DDoS.
A una manciata di giorni dai due attacchi “monstre” della fine di settembre (con picchi di traffico di 990 Gbps diretti contro le infrastrutture dell’ISP francese OVH) i ricercatori hanno analizzato l’attacco in profondità e le conclusioni dipingono un quadro sconsolante.
La botnet Mirai avrebbe potuto contare sulla bellezza di 400.000 device, che a causa delle contromisure adottate dagli operatori per mitigare l’attacco si sarebbero ridotte a 300.000 (sigh) in una seconda fase.
Un’occhiata all’elenco delle password sfruttate fa capire immediatamente dove sta il problema.
Per “reclutare” la botnet che è stata usata negli attacchi, i pirati hanno dovuto utilizzare solo 61 password, ovvero le credenziali predefinite per l’accesso ai dispositivi più “stupidi” come videocamere, digital recorder e simili.
L’elenco delle credenziali comprende i classici “admin/123456”; “root/password” e altre amenità del genere, che non vengono modificate da chi installa i dispositivi e consentono un facile accesso ai pirati. Una situazione ben nota, che molti esperti di sicurezza stanno denunciando da tempo.
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One thought on “Il DDoS più potente di sempre? Sono bastate 61 password”