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Ago 30, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Intrusione, Malware, News, RSS 0
Quello di venerdì scorso è stato un attacco mirato e coordinato che ha preso di mira alcuni ospedali in Scozia, infettando il sistema informatico della NHS (National Health Service) della contea di Lanarkshire con il ransomware Bit Paymer.
Il malware ha fatto la sua comparsa nell’estate di quest’anno e, secondo un ricercatore di Emsisoft, verrebbe diffuso attraverso attacchi di brute forcing nei confronti dei terminali RDP (Remote Desktop Protocol) esposti su Internet.
Insomma: qualcosa di molto diverso dalla solita strategia dell’invio di email “sparando nel mucchio”: in questo caso i pirati sapevano esattamente chi colpire e hanno studiato l’attacco con attenzione.
E ancora una volta a diventare un bersaglio privilegiato sono gli ospedali. Il motivo è semplice: si tratta infatti di organizzazioni che, al pari delle aziende (anche queste prese di mira in passato dagli stessi pirati) non possono permettersi la perdita dei loro dati e sono quindi più disposti a cedere al ricatto.
Lo schema è classico: i file vengono crittografati e sullo schermo compare un messaggio che chiede il riscatto, ripetuto anche in un file di testo che viene copiato sul desktop.
A differenza delle attività private, però, hanno di solito un’infrastruttura informatica più vulnerabile, anche a causa del fatto che molti computer usati per gestire i macchinari diagnostici usano sistemi operativi piuttosto obsoleti.
Le richieste dei pirati informatici che portano i loro attacchi con Bit Paymer, tra l’altro, sono di solito decisamente esose: secondo i ricercatori oscillano tra i 20 e i 53 Bitcoin (230.000 dollari al cambio attuale) che le vittime dovrebbero versare seguendo le istruzioni contenute in un sito raggiungibile sul circuito Tor.
In questo caso, però, ai pirati informatici è andata male. L’attacco ha avuto successo, ma a quanto risulta non ha portato alcun guadagno per i cyber-criminali.
Nel corso del weekend i tecnici degli ospedali sono infatti riusciti a rimettere in funzione tutti i sistemi e ripristinare i backup dei dati presi “in ostaggio” dal ransomware e sembra che tutto si sia risolto solo con qualche appuntamento saltato per i pazienti degli ospedali.
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