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Ago 28, 2018 Marco Schiaffino Gestione dati, News, RSS, Scenario 0
Succede negli Stati Uniti. I querelanti sostengono che lo studio rivale abbia cercato di confondere il pubblico per rubare i loro clienti.
Un’operazione di “dirottamento” dei possibili clienti condotta attraverso la pubblicazione di un sito Internet simile a quello dello studio rivale. È questa la tesi dello studio legale Motta & Motta nei confronti dei colleghi Dominick Dolci e Patrick Weiland.
La causa, di cui è investita la Corte Distrettuale dell’Illinois, è piuttosto particolare e potrebbe rappresentare una pietra miliare nella giurisprudenza statunitense, visto che è la prima volta che un giudice si trova a interessarsi di una questione del genere.
Secondo i due avvocati, i concorrenti avrebbero messo in atto una strategia mirata a rubare i loro clienti “dirottandoli” su un sito Internet creato appositamente a questo scopo.
Nella querela, nella quale gli attori ipotizzano la violazione del Digital Millenium Copyright Act (DMCA) e la concorrenza sleale, si legge che il sito messo online da Dolci & Weiland avrebbe avuto lo scopo di attirare nel loro studio i visitatori che in realtà stavano cercando l’indirizzo del sito di Motta & Motta.
La parte più interessante, però, riguarda le modalità con cui i concorrenti avrebbero messo in atto il loro diabolico piano. Oltre a prevedere un sito molto simile dal punto di vista grafico a quello dei querelanti, Dolci e Weiland avrebbero infatti lavorato attivamente per “inquinare” il SEO delle loro pagine Web.
Secondo gli avvocati Motta, sul sito dei convenuti sarebbero comparsi, nel giro di poche settimane, una serie di loro articoli estratti da varie riviste giuridiche, utilizzando le stesse URL del loro sito.
Un’attività che avrebbe portato lo studio Dolci ad appropriarsi, in buona sostanza, del ranking su Google di Motta, consentendogli di incrementare notevolmente le visite (i dati riportati dai querelanti parlano di un passaggio da poche decine di visite a più di 15.000 in soli 30 giorni) danneggiando di conseguenza lo studio Motta, che avrebbe di conseguenza visto evaporare il numero di visitatori medio sul suo sito.
Ora la palla passa al giudice, che dovrà decidere se le accuse siano fondate (lo studio Motta chiede la bellezza di 2 milioni di dollari di risarcimento) e, soprattutto, avrà l’occasione di esprimere il suo giudizio su un tema che a oggi non ha precedenti: il furto di SEO.
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