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Apr 17, 2018 Marco Schiaffino In evidenza, Mercato, News, RSS, Tecnologia, Vulnerabilità 1
Se Android detiene il record di infezioni malware su piattaforma mobile un motivo c’è. Anzi: più d’uno. Il sistema “aperto” e la possibilità di installare applicazioni da qualsiasi market su Internet rappresentano già una debolezza intrinseca. A fare i maggiori danni, però, sembra che sia il sistema di aggiornamento.
Come spiega Security Research Labs in un report, l’impegno su questo fronte di buona parte dei produttori di smartphone basati sul sistema operativo di Google lasciano decisamente a desiderare.
Stando ai dati riportati dai ricercatori tedeschi, sono tanti i dispositivi che ricevono aggiornamenti incompleti, cioè privi delle patch che correggerebbero vulnerabilità note. Tra questi ci sono anche produttori di punta come Motorola, Huawei e LG.
Il motivo? Oltre che in una scarsa attenzione da parte dei produttori, sul banco degli imputati c’è la logica stessa con cui vengono sviluppati e distribuiti gli aggiornamenti per Android. Google, infatti, rilascia gli aggiornamenti in tempi diversi: prima per i suoi prodotti, poi per i singoli produttori che devono occuparsi per conto loro dello sviluppo e della pubblicazione.
Il risultato è una filiera piuttosto caotica che (lo abbiamo notato più volte su queste pagine) si traduce in tempistiche differenziate negli aggiornamenti e ha come conseguenza il fatto che molti dispositivi restano vulnerabili a tecniche di attacco che sono già state rese pubbliche e possono quindi essere utilizzate facilmente dai pirati informatici.
La ricerca di Security Research Labs, però, pone l’accento su un aspetto ulteriore rispetto al fattore tempo: alcuni aggiornamenti sembrano “andare persi”. In buona sostanza, chi ha aggiornato all’ultima versione del sistema operativo sul suo dispositivo rischia di avere vecchie vulnerabilità che semplicemente sono state “dimenticate”.
A confermare una situazione ben poco lineare sono anche i dati stessi presentati dalla società di sicurezza, o meglio le modalità con cui li presentano.
Da quanto si capisce, il motivo è legato al fatto che i “buchi” variano a seconda dei modelli, delle versioni del firmware e di altri parametri che possono influire sull’applicazione degli aggiornamenti.
La buona notizia (incredibilmente c’è) è che l’assenza di una patch non significa automaticamente che il dispositivo sia vulnerabile a un attacco. Secondo i ricercatori, inoltre, sfruttare le vulnerabilità non è affatto semplice e in molti casi un exploit efficace richiede l’uso combinato di più bug. Insomma: la situazione è grave, ma non drammatica…
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