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Gen 26, 2018 Marco Schiaffino Gestione dati, Hacking, In evidenza, News, Privacy, RSS 1
Quando si parla di furto d’identità, spesso la reazione di chi legge è quella di archiviare il pericolo come qualcosa di astratto e piuttosto vago. Vero: l’idea che qualcuno possa usare il nostro nome è preoccupante, ma coglierne i rischi concreti è tutta un’altra cosa.
Per farlo, oggi basta dare un’occhiata a quello che sta succedendo negli Stati Uniti, dove milioni di cittadini si apprestano ad adempiere agli obblighi fiscali.
Il primo allarme lo ha lanciato la Federal Trade Commission, con lo scopo di mettere in guardia gli utenti dal rischio dei furti d’identità. Per noi italiani capire il collegamento non è facile, visto che il nostro sistema esattoriale è molto diverso da quello a stelle e strisce.
Per rendersi conto di cosa possa significare subire un furto d’identità in questo periodo negli USA, bisogna infatti sapere che la scadenza di cui stiamo parlando riguarda la richiesta di rimborso che i cittadini statunitensi devono presentare ogni anno. Soldi che vengono versati direttamente all’autore della dichiarazione.
Ebbene: stando a quanto dicono le autorità, ci sarebbero migliaia di truffatori pronti a presentare dichiarazioni false per rubare i rimborsi ai legittimi titolari. Vista la “snellezza” della burocrazia USA, per farlo non ci vuole molto: basta avere sufficienti dati personali e dirottare il pagamento in modo che non finisca al legittimo destinatario ma al truffatore.
Non stupisce, quindi, che sul Dark Web i database in vendita stiano spuntando come funghi. La vera notizia, però, è che il fenomeno adesso coinvolge anche bambini e addirittura i neonati. Il motivo? Stando a quanto riporta Sophos, i dati personali dei bambini (nome e cognome, numero di previdenza sociale, nome della madre da nubile e data di nascita) è quanto basta ai truffatori per chiedere un rimborso delle tasse al governo.
E non si tratta di pochi soldi: una singola identità con queste caratteristiche arriva a essere venduta per più di 300 dollari, segnale che i truffatori riescono a ottenerne molti di più. L’importo previsto per un figlio a carico, infatti, è di 1.000 dollari.
Il fenomeno, però, è più ampio e la cronaca riporta numerosi casi in cui ragazzini di pochi anni si trovano di fronte a richieste di pagamento da parte di società finanziarie a causa dell’uso di carte di credito che i piccoli non hanno mai richiesto o utilizzato.
Stando ai dati raccolti in uno studio da un gruppo di ricercatori della Carnegie Mellon University, i minorenni sono molto più bersagliati degli adulti dai furti di identità. Dei 40.000 ragazzini presi in considerazione dallo studio, per esempio, il 10,2% aveva subito il furto del numero di previdenza sociale.
Un dato più di 50 volte superiore a quello degli adulti, che statisticamente restano vittima di questo “inconveniente” nello 0,2% dei casi.
Il motivo? Semplice: nel caso di un bambino è molto più difficile che eventuali accertamenti facciano emergere dati discordanti o, più semplicemente, che qualcuno si accorga che c’è qualcosa che non va. D’altra parte, chi va a controllare la reputazione debitoria di un ragazzino di 11 anni?
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