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Ott 30, 2017 Marco Schiaffino News, RSS, Vulnerabilità 0
Per un pirata informatico, il furto delle credenziali di autenticazione NTLM rappresenta uno strumento prezioso per eseguire il cosiddetto “movimento laterale” verso server e altri PC collegati nella rete locale. Il protocollo, introdotto già ai tempi di Windows 3.11, rappresenta però un vero tallone d’Achille per le reti Microsoft. E ora ancora di più.
Stando a quanto riporta il ricercatore di sicurezza colombiano Juan Diego, i sistemi Windows soffrono di una vulnerabilità che consentirebbe a un hacker, una volta avuto accesso a una macchina all’interno della rete, di ottenere con estrema facilità le credenziali degli altri sistemi Windows collegati.
Lo strumento utilizzato da Diego, che in un post sul suo blog spiega passo per passo la tecnica di attacco, prevede l’uso di un file SCF confezionato ad hoc, che deve essere caricato in una cartella condivisa senza protezione con password per l’accesso.
I file SCF utilizzano comandi di explorer.exe (per esempio per creare un collegamento che consenta di visualizzare il desktop) e, come sottolinea lo stesso ricercatore, rappresentano una sorta di “buco nero” nell’ecosistema Windows. La documentazione relativa al loro funzionamento è infatti scarsissima.
L’elemento sconcertante del bug segnalato da Diego è il fatto che, a differenza di altre tecniche di attacco che sfruttano SCF, in questo caso non è necessario che uno degli utenti collegati vada ad aprire il file in questione. La sua semplice presenza permette di “sniffare” gli hash delle credenziali NTLM.
Basta un file all’interno di una cartella condivisa e sul computer controllato dal pirata informatico piovono hash delle credenziali NTLM degli altri PC in rete.
Nel tutorial pubblicato dall’analista viene spiegata la procedura passo per passo, che richiede solo l’uso del modulo capture/smb di Metasploit e di un software come John The Ripper per violare gli hash.
Secondo Diego, tutti i sistemi Microsoft (ma lui ha provato solo Windows 7 e Windows 10) sarebbero vulnerabili all’attacco. E dopo la segnalazione a Microsoft le cose non sarebbero cambiate più di tanto.
Come spiega lo stesso ricercatore, infatti, la risposta alla sua segnalazione non è stata esattamente un esempio di reattività ed efficacia. L’unico strumento di mitigazione (mitigazione, non correzione) sarebbe infatti una patch che modifica un paio di chiavi del registro e che in buona sostanza disattivano NTLM.
Un bel problema, visto che la disattivazione di NTLM può avere ripercussioni sul funzionamento di numerosi ambienti di rete.
Peggio ancora: dopo 148 giorni dalla segnalazione del problema, Microsoft avrebbe reso disponibile la patch solo per Windows 10 e Windows Server 2016, lasciando “scoperti” i sistemi precedenti compreso Windows 7.
Secondo Diego, l’unico strumenti di mitigazione efficace, a questo punto, è quello di utilizzare password particolarmente lunghe e complesse (già sentito?) in modo da rendere più lungo e difficile il compito di scardinare l’hashing delle credenziali.
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