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Lug 25, 2017 Marco Schiaffino News, Privacy, RSS 0
(Aggiornato il 26/07/2017)
Quali rischi corre la nostra privacy con i dispositivi della “Internet delle cose”? Alcuni sono ovvi, altri un po’ meno. Nessuno, però, poteva immaginarsi che uno dei pericoli potesse essere quello di fornire una mappa della propria casa registrata da… l’aspirapolvere.
L’ipotesi è spuntata in seguito a un’intervista rilasciata a Reuters da Colin Angle, amministratore delegato di iRobot. L’azienda, conosciuta in tutto il mondo per i suoi aspirapolvere-robot Roomba, secondo Angle starebbe valutando l’ipotesi di vendere i dati raccolti dai suoi elettrodomestici “intelligenti”.
Ma di quali dati stiamo parlando? Semplice: la mappa della casa in cui “lavora” l’aspirapolvere. I modelli più recenti di Roomba, infatti, memorizzano al loro interno la mappa della casa per ottimizzare i movimenti ed evitare mobili e arredi.
Tutti questi dati, fino a oggi, sono conservati nella memoria dell’aspirapolvere ma, in un prossimo futuro, potrebbe non essere più così. Angle, infatti, ritiene che le informazioni sulla planimetria del nostro appartamento possa interessare le aziende che si occupano di domotica.
Secondo il CEO di iRobot, infatti, ci sarebbe “un intero ecosistema di dispositivi e servizi che potrebbero avvantaggiarsi dall’uso di una mappa dettagliata che l’utente decide di condividere”.
Al punto che Angle avrebbe dichiarato a Reuters che iRobot potrebbe trovare l’accordo per vendere le sue mappe a Google, Amazon o Apple nei prossimi 2 anni.
D’altra parte la compatibilità con gli ecosistemi domotici (Roomba è già in grado di dialogare con gli assistenti vocali per la smart home di Google e Amazon) sembra essere uno dei fattori di successo dell’azienda, che nell’ultimo anno ha quasi triplicato il valore delle sue azioni, passando da 35 a 102 dollari per azione.
Chissà se l’aumento di valore deriva solo dalle vendite o anche dall’intuizione che gli aspirapolvere-robot, oltre alla polvere, possano raccogliere anche un bel po’ di dati per conto dei colossi dell’IoT.
Angle, però, non sembra porsi troppi problemi per quanto riguarda la privacy e nell’intervista si dichiara sicuro che la maggior parte degli utenti acconsentirà all’uso dei dati.
La domanda, però, è legittima: in che modo verranno avvisati i clienti di questa “collaborazione” tra operatori dell’IoT? Con la solita clausoletta di due righe inserita nelle condizioni di utilizzo? E per quanto riguarda gli utenti che già utilizzano Roomba?
Visto che gli aspirapolvere in commercio hanno già la possibilità di dialogare con Internet per ricevere istruzioni da smartphone, la possibilità che comincino a spifferare informazioni sulla planimetria di casa nostra è tutt’altro che remota.
Il rischio, però, è che questo avvenga a seguito di una di quelle classiche “comunicazioni sul cambio delle condizioni di utilizzo” che ogni tanto arrivano via email (o compaiono sullo schermo dello smartphone) e che nessuno si prende mai la briga di leggere. Nell’era della “Internet of Things”, però, sarà il caso di imparare a farlo.
Aggiornamento:
In seguito alla pubblicazione dell’articolo, iRobot ha inviato alla nostra redazione una nota sulla vicenda che riportiamo integralmente.
“iRobot non ha avviato nessun piano di vendita di dati. L’azienda si impegna a mantenere l’assoluta privacy dei dati dei suoi clienti, incluse le informazioni raccolte tramite i suoi prodotti connessi. Nessun dato è venduto a terze parti e non sarà ceduto senza il consenso informato degli utenti”.
“Ad oggi, iRobot sta progettando mappe per permettere a Roomba di pulire la casa in modo efficiente” prosegue la nota. “In futuro – con l’autorizzazione del cliente – le informazioni potranno permettere ai dispositivi domestici smart di lavorare meglio. Per esempio, se qualcuno volesse sapere nella propria casa quali siano le luci connesse in ogni camera, per permettere al comando vocale di essere più utile, Roomba potrebbe essere in grado di dare queste indicazioni. Ma per chiarezza, questo avverrà esclusivamente se gli utenti lo sceglieranno. Inoltre, al momento non è chiaro se e quando, quali partnership saranno effettivamente necessarie per rendere tutto questo possibile”.
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