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Gen 27, 2017 Marco Schiaffino Gestione dati, Leaks, News, RSS 0
Ci ha pensato l’FBI a mettere la parola fine all’attività di LeakedSource, il sito Internet che per mesi ha svolto la controversa attività di offrire accesso (a pagamento) a un database contenente 3,1 miliardi di account “recuperati” dal Dark Web.
Stando a quanto si legge in una sorta di comunicato pubblicato prima su un blog e poi su PasteBin, le autorità federali avrebbero infatti fatto irruzione nella sede operativa e sequestrato tutti gli hard disk contenenti i dati raccolti da LeakedSource.
Il sito, che operava in una delle tante “zone grigie” di Internet, raccoglieva i dati rubati e pubblicati su Internet provenienti dalla violazione di servizi online e consentiva agli utenti di “controllare se un loro account era stato compromesso”.
Naturalmente il sito non prevedeva alcun sistema di controllo per verificare l’identità del richiedente e, in buona sostanza, rappresentava un motore di ricerca per scandagliare miliardi di account rubati (a metà gennaio il database ne conteneva 3.109.103.084) che potevano poi essere usati liberamente da chiunque.
Facile da usare ed estremamente efficiente. LeakedSource offriva anche la possibilità di eseguire ricerche gratuite, anche se con un numero di risultati limitato.
Il tutto, naturalmente, a fronte del pagamento di un abbonamento giornaliero di 2 dollari e uno annuale di 265, corrispondente a 0,76 dollari al giorno. Un’attività che, dal punto di vista della legalità (per non parlare dell’etica) ha sempre lasciato perplessi.
Tanto più che nei numerosi comunicati emessi in occasione dei “leak” più gustosi (come quelli di Linkedin, MySpace e Last.FM) gli operatori del sito non hanno mai fatto mistero di utilizzare tecniche di cracking per ottenere le password dagli hash “recuperati”.
A mettere al riparo il sito da accuse di illegalità, in passato, è stata in buona parte la convinzione che la sua attività finisse sotto l’ombrello del primo emendamento, quello che negli USA garantisce la libertà di espressione.
I dati messi a disposizione da LeakedSOurce, infatti, potevano essere considerati come “pubblici” e, di conseguenza, l’attribuzione di responsabilità nella loro pubblicazione sollevava perplessità che hanno consentito ai suoi gestori di operare tranquillamente per mesi.
Ora è arrivato il sequestro. Per il momento non è chiaro quali siano (se ce ne sono) le accuse in capo ai gestori del sito, che peraltro non sarebbero stati arrestati.
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