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Ott 10, 2016 Marco Schiaffino In evidenza, News, Privacy, RSS 0
Cosa c’è di peggio di consentire a FBI e NSA di ficcare il naso nelle email dei tuoi utenti? Semplice: rischiare che un hacker possa sfruttarlo per leggere tutte le email che passano sui server.
Stando a un’inchiesta pubblicata da The Intercept, questo sarebbe esattamente quello che è successo dalle parti di Sunnyvale quando Yahoo ha acconsentito alla richiesta del governo USA di eseguire “ricerche” per parole chiave tra i messaggi in arrivo degli utenti di Yahoo Mail.
La fonte anonima citata da Sam Biddle nel suo articolo, infatti, sostiene che l’implementazione del software sarebbe avvenuta in gran segreto, tenendo all’oscuro anche i responsabili del settore sicurezza di Yahoo.
L’ex-dipendente, in particolare, sottolinea i rischi legati a questa scelta: la backdoor sarebbe stata installata senza prendere particolari precauzioni che impedissero l’accesso a eventuali hacker, i quali avrebbero potuto di conseguenza accedere a tutte le email.
L’inchiesta si scontra frontalmente con una delle ricostruzioni che sono circolate sulla stampa nei giorni scorsi. Stando a dichiarazioni (anonime) di esponenti del governo, infatti, Yahoo non avrebbe permesso di installare un sistema di spionaggio autonomo.
L’azienda avrebbe invece modificato il sistema per la rilevazione di materiale inappropriato (malware e pedopornografia) adattandolo alle esigenze dell’NSA.
Secondo la fonte citata da The Intercept, invece, il team di sicurezza si sarebbe imbattuto in qualcosa di nuovo, che in un primo momento avevano identificato come un rootkit. Non quindi uno strumento esistente “adattato” a esigenze anti-terrorismo, ma uno strumento separato.
Non che il dettaglio cambi di molto lo scenario ai fini dell’impatto sulla privacy degli utenti, ma chiarisce meglio quello che sarebbe successo in seguito.
Soprattutto, rappresenta un serio indizio riguardo le motivazioni che avrebbero portato alle dimissioni dell’allora responsabile della sicurezza Alex Stamos.
Il team di sicurezza di Yahoo, infatti, al momento della scoperta pensò di trovarsi di fronte a qualcosa installato da un soggetto esterno e avviò a procedura di segnalazione del problema per porvi rimedio.
Solo a quel punto la dirigenza avrebbe spiegato al team di cosa si trattava realmente. Un atteggiamento che i ricercatori non avrebbero affatto apprezzato, soprattutto perché la presenza di una backdoor installata senza alcuna misura di sicurezza avrebbe rappresentato un rischio enorme.
“Se un esterno, per esempio un hacker, ne avesse preso il controllo, avrebbe potuto leggere le email di chiunque” spiega l’ex-impiegato.
Le rivelazioni pubblicate da The Intercept confermerebbero, quindi, i pessimi rapporti tra il team di sicurezza e il CEO Marissa Mayer, già evidenziato riguardo al caso del furto di account subito da Yahoo nel 2014.
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