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Set 09, 2016 Marco Schiaffino Mercato, News, Tecnologia, Vulnerabilità 0
Dopo i titoli di giornale, le aule di tribunale. In seguito all’allarme lanciato sulla vulnerabilità ad attacchi informatici di pacemaker e defibrillatori di “nuova generazione” prodotti dal colosso St. Jude Medical, infatti, l’azienda ha deciso di contrattaccare trascinando davanti al giudice i suoi accusatori.
Il caso si è aperto alla fine di agosto, sulla base di una ricerca effettuata dalla società di sicurezza MedSec. Nel report, gli esperti alle dipendenze del CEO Justine Bone descrivevano una serie di presunte falle di sicurezza nei presidi medici di St. Jude Medical.
Le conclusioni degli analisti di MedSec, però, sono apparse da subito poco convincenti. Al punto che un team composto da alcuni ricercatori dell’Università del Michigan ne ha pubblicamente denunciato la scarsa consistenza.
A rendere sospetto il rapporto, però, sono più di tutto le modalità con cui è stato reso pubblico. Al posto di contattare il produttore per segnalare i possibili problemi, infatti, MedSec si sarebbe rivolta per la pubblicazione a Muddy Waters Research, azienda che opera nel settore borsistico e che avrebbe speculato sul prevedibile calo nel valore delle azioni di St. Jude.
Secondo i vertici di St. Jude Medical, tutta l’operazione sarebbe da leggere come un complotto orchestrato ad arte per provocare un crollo nelle azioni e poterne trarre vantaggio attraverso la compravendita sul mercato finanziario.
Il documento di 33 pagine apre una disputa legale che potrebbe rappresentare un precedente importante nel settore.
Nella denuncia, St. Jude Medical accusa Muddy Waters e MedSec (e i suoi dirigenti) di false dichiarazioni, pubblicità ingannevole, cospirazione e manipolazione dei mercati pubblici. Nel comunicato che annuncia l’azione legale, i portavoce di St. Jude Medical affrontano anche il tema della sicurezza dei loro prodotti.
“Sappiamo che quello della sicurezza informatica è un ambiente dinamico, motivo per cui collaboriamo con ricercatori, agenzie e consulenti per rafforzare costantemente i nostri sistemi di sicurezza” si legge nel comunicato.
E ancora: “Incoraggiamo inoltre chiunque abbia informazioni sulla sicurezza delle nostre tecnologie a condividerle con noi in modo da poterle migliorare a beneficio dei pazienti”. Già, esattamente quello che MedSec non avrebbe fatto…
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