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Mag 23, 2016 Marco Schiaffino Hacking, News, Privacy, Vulnerabilità 0
Per violare un account Instagram non servivano campagne di phishing o un keylogger sul computer della vittima: bastava avviare un brute forcing direttamente sul sito.
È questa la scoperta fatta da Arne Swinnen, un “cacciatore di bug” che ha messo a nudo tutte le debolezze del social network in un post sul suo blog.
A rendere vulnerabile Instagram, secondo Swinnen, sono diversi fattori. Prima di tutto la mancanza di una politica di blocco degli account in fase di log in, che rende possibile un attacco di brute forcing. Ma anche la tardiva introduzione di un sistema di autenticazione a due fattori, introdotto solo nel febbraio del 2016 e ancora ben lontano da essere utilizzato da tutti (o buona parte) degli iscritti.
Se a questo si aggiunge il fatto che gli account sono pubblici e la policy per le password prevede un minimo di 6 caratteri e consente l’utilizzo di password come “123456” o “password”, il quadro è completo.
Nei suoi test, Swinnen ha trovato due modi per accedere a un account Instagram senza “toccare” i dispositivi degli utenti. Il primo prende di mira l’endpoint usato per l’accesso da Android.
Swinnen, infatti, si è accorto che nel corso di un attacco, il server rispondeva normalmente ai primi 1000 tentativi di accesso da uno stesso indirizzo IP, negando invece i successivi 1000. A partire dal successivo, però, lo schema si ripeteva e permetteva quindi di proseguire l’attacco con altri 1000 tentativi.
La seconda vulnerabilità, invece, riguardava l’accesso via Web e consentiva, al pari del primo, un brute forcing basato su dizionario.
La segnalazione dei bug ha fruttato ad Arne Swinnen una ricompensa di 5000 dollari, mentre le policy per le password e i sistemi di autenticazioni sono stati corretti introducendo requisiti più rigorosi nella scelta della password e un limite per i tentativi di login.
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