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Nov 15, 2018 Marco Schiaffino In evidenza, News, Privacy, Prodotto, RSS 0
Chi installa una VPN (Virtual Private Network) lo fa per un unico motivo: garantire la privacy della sua navigazione. Gli utenti Android e iOS che ricorrono a questo tipo di servizio sono sempre più numerosi e sui market ufficiali per i due sistemi sono spuntate decine di VPN gratuite, che vantano milioni di installazioni.
Secondo Sino Migliano, ricercatore di Metric Labs, buona parte di queste non offrono però alcuna garanzia riguardo la tutela della privacy degli utenti.
Le VPN, in sintesi, svolgono due funzioni: crittografare il traffico nel corso della navigazione e nascondere l’indirizzo IP dell’utente per impedirne il tracciamento.
Per questo motivo vengono utilizzate spesso da giornalisti, oppositori politici in regimi dittatoriali e attivisti che non gradiscono essere tracciati nella loro attività su Internet. Come spesso accade, però, ricorrere a soluzioni gratuite per un servizio così delicato non è una buona idea.
L’analisi di Metric Labs ha preso in considerazione le app con funzione di VPN più popolari su Google Play e App Store, che secondo il ricercatore raggiungono complessivamente centinaia di milioni di installazioni in tutto il mondo.
La prima sorpresa contenuta nello studio riguarda la nazionalità delle società software che offrono il servizio. Il 60%, infatti, risulta avere sede in Cina.
Cosa c’è di strano? Molto. Il governo di Pechino, infatti, ha condotto in passato una vera e propria crociata contro le VPN, che gli utenti cinesi utilizzavano per aggirare i sistemi di controllo della navigazione Internet sul territorio cinese.
I timori riguardo al fatto che milioni di utenti si affidino a società con sede in Cina per “proteggere” la loro navigazione, però, non finiscono qui.
Stando alle notizie di cronaca degli ultimi mesi, è difficile negare qualche dubbio sull’uso che può essere fatto dei dati raccolti. Sono diverse, infatti, le società cinesi che sono state accusate di inserire backdoor direttamente nei firmware degli smartphone o di utilizzare politiche “poco trasparenti” in tema di gestione dei dati degli utenti.
Il problema della tutela degli utenti, però, è anche più ampio. Secondo Sino Migliano e i suoi colleghi, l’86% delle app in questione non garantiscono un livello sufficiente di privacy.
Per capirlo basta consultare le condizioni di utilizzo, cioè quei “papiri” che vengono visualizzati al momento dell’installazione e che la maggior parte delle persone non leggono nemmeno.
Analizzando quelle delle più diffuse app VPN per smartphone, si scopre che una parte di loro non solo registra i log di navigazione (qualcosa che una VPN seria non dovrebbe assolutamente fare) ma li condivide anche con terze parti.
In alcuni casi, poi, c’è addirittura scritto nero su bianco che le informazioni sono condivise con il governo cinese.
Per quanto riguarda la serietà delle aziende che gestiscono i servizi, il rapporto di Metric Labs sottolinea come nel 55% dei casi appaiano essere di livello amatoriale e nel 64% dei casi non c’è nemmeno un servizio di supporto a cui fare riferimento.
Per quanto riguarda quelle che offrono un supporto, nel 52% dei casi gli indirizzi email fanno riferimento ad account personali (Gmail, Yahoo e simili) e nei test effettuati dai ricercatori hanno ignorato l’83% delle richieste di supporto inviate.
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