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Mag 30, 2017 Marco Schiaffino News, RSS, Vulnerabilità 0
Esporre a un rischio la propria azienda per aver implementato un sistema che dovrebbe garantire una maggiore sicurezza nelle email sembra un paradosso. Secondo i ricercatori di Securolytics, però, è esattamente quello che succede con lo “Split Tunnel SMTP”.
Come spiegano Vikas Singla e Jason Morris in un report pubblicato la scorsa settimana sul blog ufficiale della società di sicurezza, i possibili attacchi prendono di mira le Email Encryption Appliance (EEA) dedicate alla crittografia dei messaggi di posta elettronica utilizzate nelle infrastrutture delle grandi aziende.
Il prerequisito per poter portare un attacco sfruttano lo Split Tunnel SMTP explit è quello di conoscere l’indirizzo IP del dispositivo (o della macchina virtuale) che gestisce la codifica e decodifica delle email. Un’informazione che, tutto sommato, non è affatto difficile da ottenere.
Il problema, infatti, è che i dispositivi che gestiscono i messaggi crittografati permettono di “saltare” i controlli dei gateway di sicurezza.
Come specificato nel report, infatti, l’architettura delle reti che utilizzano questo tipo di appliance possono avere due configurazioni alternative. La prima prevede che l’EEA sia all’interno della rete, in parallelo al gateway che analizza i messaggi di sicurezza. La seconda, invece, prevede che l’appliance si trovi “a monte” del gateway.
Entrambe le possibili configurazioni offrono ai pirati informatici la possibilità di aggirare i controlli di sicurezza e consegnare un’email contenuto dannoso direttamente alla potenziale vittima.
Come dimostrano i test condotti dai due ricercatori, è possibile aggirare i controlli con entrambe le configurazioni. Nel primo caso, infatti, il gateway viene semplicemente “saltato” e l’email consegnata al mail server.
Nel secondo caso, invece, l’exploit sfrutta il fatto che il messaggio di posta viene considerato come proveniente dall’indirizzo IP dell’Email Encryption Appliance e, di conseguenza, accettato perché compreso in una white list che lo contrassegna automaticamente come “sicuro”.
Secondo i ricercatori, non esistono soluzioni a breve termine per correggere la vulnerabilità, che in definitiva riguarda non tanto le funzionalità delle appliance prese di mira, quanto i percorsi che i dati seguono all’interno delle reti locali dedicate alla gestione della posta elettronica.
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