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Feb 17, 2020 Marco Schiaffino Attacchi, Hacking, In evidenza, Intrusione, Malware, News, RSS 0
Un’operazione di spionaggio in grande stile che ha preso di mira aziende di tutto il mondo. È questo lo scenario che emerge da un report pubblicato ieri dalla società di sicurezza israeliana ClearSky che indica come responsabile un gruppo hacker collegato al governo dell’Iran.
L’operazione, battezzata con il nome in codice Fox Kitten, avrebbe sfruttato le vulnerabilità di alcuni sistemi VPN (Virtual Private Network) emersi nel corso del 2019 e avrebbe consentito ai pirati informatici di introdursi nei sistemi aziendali per installare delle “classiche” backdoor.
L’attacco, attribuito al gruppo APT34 (OilRig), farebbe parte di una campagna di spionaggio avviata nel 2017 e che avrebbe sfruttato vulnerabilità note nei sistemi di remote desktop e nelle appliance per VPN. Proprio queste ultime sarebbero state utilizzate prevalentemente negli ultimi mesi.
Come abbiamo riportato su queste pagine, gli ultimi anni sono stati decisamente “difficili” per molte aziende che forniscono VPN. Secondo i ricercatori di ClearSky, gli attacchi del gruppo iraniano avrebbero sfruttato alcune di queste a partire da quelle che hanno interessato Pulse Secure “Connect” VPN (CVE-2019-11510), Fortinet FortiOS VPN (CVE-2018-13379), e “Global Protect” VPN di Palo Alto Networks (CVE-2019-1579).
Dalle analisi degli esperti, emerge inoltre che i pirati avrebbero sfruttato le falle di sicurezza con una tempestività fenomenale, in alcuni casi portando gli attacchi addirittura a distanza di poche ore dalla pubblicazione dei dettagli riguardanti le vulnerabilità stesse.
La campagna di attacchi avrebbe interessato decine di aziende in tutto il mondo, operanti nei settori energetico, delle comunicazioni, aeronautico e avrebbe coinvolto anche enti governativi.
Lo schema utilizzato dagli hacker sarebbe un classico: dopo l’installazione delle backdoor i pirati avrebbero infatti eseguito un “movimento laterale” all’interno dei sistemi per raggiungere le macchine contenenti i dati che gli interessavano.
Il tutto, spiegano i ricercatori, sarebbe il frutto di una collaborazione tra il gruppo principale (OilRiig) e altri team di cyber-spionaggio al soldo di Teheran (APT33 e APT39) che avrebbero unito i loro sforzi utilizzando strumenti evoluti per violare le infrastrutture.
Il timore, dalle parti di ClearSky, è che gli strumenti di accesso possano essere utilizzati, in una seconda fase, per distribuire malware “distruttivo” come Dustman (ne abbiamo parlato in questo articolo) per mettere K.O. i sistemi delle aziende compromesse.
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