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Giu 22, 2021 Marco Schiaffino Attacchi, In evidenza, Malware, News, RSS 0
Sistemi Linux e istanze di Docker nel mirino del nuovo spauracchio nel settore ransomware. Il malware si chiama DarkRadiation e, secondo i ricercatori di Trend Micro, sarebbe ancora in fase di sviluppo e potrebbe quindi riservare nuove sorprese.
Come si legge nel report pubblicato dalla società di sicurezza, DarkRadiation è scritto in Bash e utilizza un set di exploit per compromettere le macchine che prende di mira. Molti di questi, analizzati attraverso VirusTotal, risultano essere sconosciuti alla maggioranza dei software antivirus.
La tecnica di infezione è estremamente complessa e usa tecniche di offuscamento avanzate per nascondere le sue attività. Lo script Bash, per esempio, viene scomposto in diversi frammenti e assegna a ognuno di essi un nome casuale, ricomponendolo poi per l’esecuzione.
La diffusione del malware avviene attraverso SSH, sia utilizzando credenziali sottratte, sia attraverso una tecnica di brute forcing che è in grado di violare i sistemi di autenticazione con credenziali “deboli”.
Una volta avviato lo script, DarkRadiation verifica come prima cosa se ha i privilegi di root e, in caso li abbia, avvia l’installazione di una serie di librerie e inizia a catturare delle istantanee di ogni utente presente sul sistema. Le comunicazioni verso il Server Command and Control sfruttano le API di Telegram.
Prima di avviare la fase di crittazione dei dati sul sistema infetto, il malware recupera un elenco di tutti gli utenti e modifica la loro password con il valore “megapassword”, per poi cancellarli. Crea infine un nuovo utente (ferrum) abbinato alla password “MegPw0rD3”.
Solo a questo punto, DarkRadiation inizia a crittografare i file presenti sulla macchina utilizzando un algoritmo AES OpenSSL basato su cifratura a blocchi.
Insomma: secondo i ricercatori di Trend Micro, il malware rappresenta uno strumento estremamente evoluto, pensato per consentire ai pirati la massima libertà di azione nel movimento laterale in ambienti cloud. Probabilmente ne sentiremo parlare ancora.
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