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Giu 26, 2020 Marco Schiaffino In evidenza, Malware, News 0
Lo hanno battezzato con il nome di GoldenSpy e, da un punto di vista tecnico, è una semplice backdoor come tante altre in circolazione. Ciò che rende unico il (sospetto) malware, però, è il vettore di attacco usato: un software la cui installazione è stata richiesta direttamente da una banca cinese per pagare le tasse locali.
La vicenda, resa pubblica da Trustwave, ha come protagoniste due aziende del Regno Unito, che hanno recentemente aperto delle attività in Cina. Secondo quanto si legge nel report pubblicato dalla società di sicurezza, il programma in questione si chiama Intelligent Tax ed è prodotto dalla società cinese Aisino.
Il software, spiegano i ricercatori, non contiene direttamente il codice malevolo, ma il componente che agisce come backdoor (svm.exe) viene scaricato da un sito cinese circa due ore dopo il completamento dell’installazione di Intelligent Tax.
Nel descrivere il suo comportamento, i ricercatori sono estremamente cauti. In una nota che introduce l’analisi tecnica, infatti, spiegano che potrebbe anche trattarsi di una funzione di aggiornamento implementata in maniera sbagliata. Il dubbio che si tratti di un vero e proprio malware, però, è decisamente consistente.
Oltre alla curiosa modalità di installazione, le funzionalità di GoldenSpy comprendono infatti la comunicazione a un server di alcune informazioni di base, la possibilità di eseguire codice sul computer e di inviare comandi al sistema operativo. Insomma: tutto ciò che di solito si trova in un trojan.
Il componente, inoltre, viene installato in duplice copia come servizio che viene avviato automaticamente e prevede un sistema di riavvio nel caso in cui venisse terminato. Agisce inoltre con privilegi di sistema e adotta una tecnica di collegamento al server a intervalli casuali. Un accorgimento, sottolineano i ricercatori, che di solito viene adottato per offuscare il traffico tra malware e server Command and Control.
Al di là dell’aspetto tecnico, l’elemento più rilevante è il fatto che l’uso del software che scarica e installa GoldenSpy è stato proposto alle aziende come “obbligatorio” per poter operare a livello commerciale sul territorio cinese.
Insomma: il dubbio è che si possa trattare non solo di un attacco informatico ai danni di imprese commerciali, ma che si tratti di una prassi comune con cui il governo di Pechino si garantisce la possibilità di hackerare nel modo più semplice possibile le aziende straniere che operano sul suo territorio.
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