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Nov 28, 2018 Marco Schiaffino Attacchi, Hacking, In evidenza, Malware, News, RSS 0
Secondo Google si tratta della più sofisticata e complessa frode pubblicitaria mai individuata, smantellata in questi giorni grazie alla collaborazione tra aziende IT, forze di polizia e società di sicurezza.
Le caratteristiche di 3ve (nel report di Google si specifica che si pronuncia come “Eve”) erano effettivamente piuttosto impressionanti, prima di tutto per le sue dimensioni. I cyber-criminali erano infatti riusciti a controllare un milione di indirizzi IP.
Secondo i ricercatori, però, la parte più interessante della vicenda è la complessità dell’operazione. I pirati, infatti, hanno utilizzato tecniche diverse e differenziate per nascondere l’azione dei bot, guadagnando cifre da capogiro nel mercato pubblicitario.
Per capire il meccanismo, è necessario avere un quadro di come funziona il mercato pubblicitario su Internet, che oggi funziona attraverso la logica del “programmatic”.
La distribuzione delle pubblicità online, infatti, viene gestita attraverso sistemi automatici che “piazzano” gli spot quasi in tempo reale, utilizzando una serie di parametri (posizione geografica degli utenti che visualizzeranno i video, il loro profilo e altri parametri) sulla cui base viene determinato il prezzo a cui vengono venduti gli spazi.
Tutto questo avviene nel giro di una manciata di millisecondi, è gestito in maniera praticamente automatica e i clic vengono acquistati sulla base della loro “qualità” e attinenza con il prodotto pubblicizzato.
Naturalmente tutto il sistema è protetto da una serie di controlli che (almeno normalmente) permettono di identificare i tentativi di truffa. Gli autori di 3ve, però, hanno creato uno schema talmente vasto e complesso da riuscire ad aggirare i sistemi di controllo.
Per farlo hanno usato dispositivi compromessi riferibili a un milione di differenti indirizzi IP, usando oltre 60.000 account per la vendita di pubblicità e più di 10.000 siti contraffatti.
Nei momenti di picco di attività, i ricercatori stimano che il sistema messo in piedi dai truffatori riuscisse a generare tra i 3 e i 12 miliardi di click fraudolenti.
Per compromettere i computer, i pirati hanno usato due malware, Boaxxe/Miuref e Kovter, che utilizzano sistemi di offuscamento e strumenti per impedirne l’analisi da parte degli antivirus che i ricercatori hanno faticato a scardinare.
Accanto alla botnet, hanno utilizzato anche dei Data Center, sfruttando indirizzi IP compromessi e creando, in pratica, tre operazioni coordinate ma che usavano tecniche diverse. In questo modo sono stati in grado di confondere le acque e nascondere a lungo la reale portata della loro attività.
L’analisi e lo studio delle tecniche, spiegano dalle parti di Google, hanno richiesto mesi di lavoro nel corso dei quali i ricercatori hanno osservato l’attività dei pirati e individuato le fonti del traffico fraudolento.
La mazzata finale a 3ve è stata portata grazie alla collaborazione tra 15 aziende del settore, con l’aiuto delle forze di polizia.
Con lo stop delle operazioni gli operatori ritengono di aver smantellato una volta per tutte una delle più grandi truffe nella storia di Internet. L’entusiasmo, considerato il quadro disegnato dal report, è più che giustificato.
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