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Set 05, 2018 Marco Schiaffino Gestione dati, News, Privacy, RSS, Scenario 0
Quali sono i limiti della privacy? La questione, negli ultimi anni, sta assumendo una rilevanza notevole e sempre più spesso a occuparsene finiscono per essere i tribunali.
L’ultima decisione in questo senso arriva dal Regno Unito, dove un giudice ha condannato a 14 mesi di carcere un indiziato che si è rifiutato di fornire agli investigatori la password per accedere al suo profilo di Facebook.
A finire dietro le sbarre è stato Stephen Nicholson, un ventiquattrenne che la polizia sospetta per l’omicidio di Lucy McHugh, una ragazza di tredici anni trovata morta il mese scorso vicino a un centro sportivo di Southampton.
Come riporta The Indipendent, Nicholson avrebbe rifiutato di fornire il codice di accesso a un suo dispositivo privato sostenendo che tra i suoi messaggi privati su Facebook ci sarebbero state delle informazioni riguardanti l’uso di cannabis, una tesi difensiva che fa riferimento al concetto per cui, nella legislazione anglosassone, nessuno può essere obbligato ad autoincriminarsi e che negli USA è sancita dal celeberrimo quinto emendamento.
Basandosi sul RIPA (Regulation of Investigatory Powers Act 2000) il giudice ha invece deciso che l’accesso fosse dovuto e ha di conseguenza condannato il sospettato a 14 mesi di carcere.
La decisione arriva in un periodo in cui, dall’altra parte dell’oceano, sono state registrate sentenze in senso contrario. L’ultima, emessa dalla Corte d’Appello dell’Indiana, riguardava un caso di stalking (quindi meno grave dell’omicidio) ma, a parte questo, aveva caratteristiche del tutto simili.
L’Inghilterra, però, ha tutta un’altra linea e quest’ultimo episodio non è altro che la conferma di come vengono trattate simili questioni oltremanica. Casi simili a quello di Nicholson, infatti, si sono registrati fin dal 2009.
È bene notare, però, come la pena non sia correlata (o per lo meno non corrisponda) a quella del crimine per cui il sospettato è perseguito. Negli Stati Uniti, invece, le cose rischiano di andare in maniera molto diversa, come nel caso di un ex-poliziotto sospettato di essere in possesso di foto pedo-pornografiche.
In quella situazione, infatti, il giudice ha deciso di sbattere dietro le sbarre l’imputato a tempo indeterminato, fino a quando non fornirà alle autorità la password per accedere al contenuto del suo hard-disk.
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