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Ago 02, 2018 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, Hacking, Intrusione, Leaks, News, RSS 0
Clarkson PLC ha resistito al tentativo di estorsione dei pirati informatici. Ora però dovrà fronteggiare le conseguenze della violazione.
Si sono presi tutto quello che hanno trovato nel database e poi hanno provato a chiedere un riscatto all’azienda per impedire che quei dati venissero diffusi.
Protagonisti dell’azione un gruppo di pirati informatici che hanno preso di mira Clarkson, impresa specializzata in trasporti marittimi con sede nel Regno Unito.
I cyber-criminali, stando a quanto ricostruito in un report reso pubblico dalla stessa società, avrebbero avuto accesso ai sistemi informatici per almeno sei mesi, dal maggio al novembre 2017.
Nel corso di quel periodo avrebbero rastrellato ogni genere di informazioni su impiegati, fornitori e (non viene specificato ma è plausibile) clienti.
L’elenco, stilato dalla stessa società, comprende un po’ di tutto: date di nascita, email e numero di telefono, informazioni su eventuali precedenti penali, firme, informazioni sulle dichiarazioni dei redditi, numeri della previdenza sociale, informazioni su passaporti, sui visti per l’estero, curricula, patenti ed estremi dei veicoli di proprietà, informazioni sui conti correnti, sulle carte di credito e anche dati riguardanti minori.
E visto che Clarkson si è rifiutata di pagare il riscatto (non che il pagamento l’avrebbe messa al sicuro) è molto probabile che tutte queste in formazioni siano già in vendita sul Dark Web.
Di qui l’avviso della società rivolto a tutte le persone coinvolte di prestare la massima attenzione a eventuali tentativi di truffa o furti di identità. E considerata la quantità di informazioni su cui hanno messo le mani gli hacker, c’è da scommettere che di attenzione ne servirà tanta.
L’elemento che suscita più sorpresa, però, è che la violazione è avvenuta attraverso la compromissione di un singolo account, attraverso il quale i pirati informatici hanno potuto accedere a tutto quanto descritto qui sopra.
Una leggerezza che ha dell’incredibile e che conferma come le aziende siano ancora molto lontane dall’introiettare quelle regole basilari che dovrebbero portare a proteggere in maniera più efficace l’accesso ai database che contengono informazioni sensibili. Si resta in attesa di eventuali stangate a norma del GDPR.
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