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Gen 22, 2018 Marco Schiaffino Hacking, News, RSS 1
Le truffe ai danni dei clienti delle stazioni di rifornimento non sono certo una novità. Nel settore informatico, di solito, si tratta per lo più di furti dei dati di carte di credito portate a termine attraverso la complicità degli impiegati o la manomissione dei sistemi di pagamento self-service.
Quello che è successo nel sud della Russia, però, è completamente diverso. I clienti delle pompe di benzina, infatti, ricevevano una quantità di carburante tra il 3 e il 7% inferiore rispetto a quella che avevano pagato.
A prima vista sembra una truffa da quattro soldi, che potrebbe mettere in atto qualsiasi benzinaio disonesto. In realtà si è trattato di un’operazione su larga scala che ha permesso ai criminali di incassare milioni di euro grazie a un malware estremamente sofisticato.
La gang che ha messo a segno la truffa era composta da un certo numero di impiegati delle pompe di benzina e da Denis Zayev, un hacker che secondo le forze di polizia è riuscito a creare un malware in grado di sfuggire a qualsiasi controllo.
Il software messo a punto da Zayev permetteva, in pratica, di alterare i dati in modo che la benzina effettivamente pompata nel serbatoio dei veicoli fosse meno di quella che risultava sul display del distributore. In questo modo i suoi complici potevano rivendere il carburante non erogato.
Tutto questo avveniva in modo che non risultasse nulla nel back end e che le stesse compagnie non potessero notare alcuna anomalia.
Come accorgersi che ci hanno versato nel serbatoio solo il 95% di quello che risulta dal display?
Il meccanismo, come riportano fonti di stampa russe, funzionava in questo modo: ogni mattina gli impiegati trovavano una scusa per fare in modo che uno dei serbatoi delle pompe rimanesse vuoto, ad esempio per manutenzione.
Nel corso della giornata, poi, servivano normalmente i clienti, ma grazie al malware di Zayev, nei veicoli veniva introdotta una quantità di carburante inferiore a quella pagata. La differenza veniva poi automaticamente trasferita al serbatoio fuori servizio.
Il software cancellava i dati relativi ai trasferimenti e, quando avevano raccolto abbastanza carburante, i truffatori cominciavano a venderlo normalmente, senza però che le transazioni risultassero sul sistema.
In questo modo non rimaneva traccia di nulla, nemmeno di fronte ai controlli che le autorità federali russe eseguono periodicamente per verificare la conformità dei sistemi informatici che gestiscono gli impianti di rifornimento.
Secondo le forze di polizia, che hanno arrestato Zayev con l’accusa di pirateria informatica e truffa, le decine di distributori coinvolti avrebbero permesso al gruppo di incassare centinaia di milioni di rubli, l’equivalente di milioni di euro.
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