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Giu 26, 2016 Marco Schiaffino Gestione dati, Leaks, News, Scenario 0
Stando alle prime dichiarazioni si tratterebbe di un attacco hacker, ma è più probabile che il libero accesso al database con le informazioni personali riguardanti 154 milioni di elettori statunitensi sia dovuto a un semplice errore di configurazione del server.
Ad accorgersi della presenza dei dati (accessibili a chiunque) è stato Chris Vickery, un ricercatore di MacKeeper. Nel suo post, Vickery racconta di essersi imbattuto nel database per caso, trovandosi di fronte a una miniera di informazioni sensibili riguardanti la bellezza di 154 milioni di cittadini USA, per accedere alle quali non era nemmeno necessario inserire user name e password.

Chi tifa per la democrazia 2.0 non ha di certo in mente questo…
La banca dati conteneva informazioni personali come nome e cognome, residenza ed email, ma anche ulteriori dettagli come il possesso di armi da fuoco, le opinioni su temi etici come l’aborto o la libertà di orientamento sessuale, la frequenza di partecipazione al voto e una stima del reddito annuo.
A questo punto il ricercatore ha cominciato a indagare per riuscire a capire quale fosse l’origine delle informazioni, arrivando alla conclusione che il database fosse gestito da un cliente (ancora sconosciuto) dell’azienda L2, una società operante nel settore pubblicitario specializzata nel fornire contatti “qualificati” per campagne di advertising.
Vickery è riuscito a risalire a L2 grazie all’analisi della sintassi usata per identificare i luoghi di residenza degli elettori e ha contattato l’azienda avvisandoli del fattaccio. Risultato: i dirigenti di L2 sono riusciti a individuare il cliente e a bloccare l’accesso al database nel giro di 3 ore.
I responsabili, secondo quanto riferito a Vickery dal CEO di L2 Bruce Willsie, si sarebbero giustificati sostenendo di aver subito un attacco da parte di un hacker che avrebbe abbattuto il firewall ed esposto di conseguenza i dati.

Informazioni dettagliate su 154 milioni di cittadini accessibili a chiunque. Alla faccia della privacy…
Una spiegazione che non ha convinto il ricercatore, che nel post sottolinea anche che l’analisi dei log del server hanno evidenziato un collegamento effettuato da un IP serbo, risalente allo scorso 11 aprile.
La vicenda, tra l’altro, non è un caso isolato. Un episodio simile si è verificato lo scorso dicembre, quando lo stesso Chris Vickery ha trovato online un database (in quel caso i record erano 191 milioni) con dati simili, anch’esso accessibile a chiunque.
In aprile, invece, il ricercatore di MacKeeper aveva rintracciato un database simile con le informazioni di 93.4 milioni di elettori messicani, ospitato su un server cloud di Amazon.
Insomma: sembra che nel terzo millennio la presenza online di informazioni sensibili di milioni di persone su server completamente “aperti” rappresenti la norma.
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