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Set 10, 2020 Marco Schiaffino Attacchi, In evidenza, Intrusione, News, RSS 0
Se chi si occupa di cloud può essere felice del fatto che sia protagonista assoluto per quanto riguarda l’evoluzione dei sistemi IT delle aziende, la sua centralità nel mondo della cyber security viene probabilmente vissuto con un minore entusiasmo.
Negli ultimi mesi, infatti, le cronache hanno riportato tanti (troppi) casi in cui i pirati informatici hanno preso di mira i sistemi virtualizzati su cloud e, in particolare, i sistemi basati su container che “girano” su piattaforme come Docker e Kubernetes.
Come dimostra l’ultimo caso, infatti, l’ecosistema cloud è ancora ben lontano dall’avere un livello di sicurezza adeguato.
Protagonisti della vicenda sono i pirati informatici del TeamTNT, un gruppo ben conosciuto dagli esperti di sicurezza proprio per essere specializzato nel prendere di mira i servizi cloud.
Come spiegano i ricercatori di Intezer in un report pubblicato su Internet, la nuova campagna di attacchi del gruppo TeamTNT ha però caratteristiche diverse dalle altre a cui abbiamo assistito.
I pirati, infatti, non usano malware o iniezioni di codice malevolo, ma uno strumento che normalmente viene utilizzato dagli amministratori IT. Si tratta di Weave Scope, un software open source pensato per avere visibilità delle applicazioni e delle infrastrutture cloud.
I cyber criminali prendono di mira i server con configurazioni “deboli” e utilizzano Weave Scope per mappare le funzionalità disponibili e inviare comandi, utilizzando di fatto il software come se fosse una backdoor, consentendo al TeamTNT di prendere il completo controllo delle infrastrutture.
Trattandosi però di un software utilizzato normalmente per gestire i servizi su cloud, l’individuazione di attività sospette diventa molto difficoltosa e, secondo i ricercatori, la strategia migliore per mitigare il rischio di questo tipo di attacco è quello di adottare una strategia “zero trust” che consenta di tenere alla larga eventuali tentativi di intrusione.
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