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Gen 16, 2020 Marco Schiaffino In evidenza, News, RSS, Vulnerabilità 0
Il rientro dalle vacanze non è mai leggero. Per i tecnici IT che gestiscono software di Oracle, però, questo gennaio 2020 rischia di diventare un vero calvario. L’ultima tornata di aggiornamenti rilasciati dal gigante tecnologico comprende infatti una quantità impressionante di aggiornamenti.
I bug più gravi riguardano i software di comunicazione Oracle, con indici d rischio (CVSS o Common Vulnerability Scoring System) che superano il valore di 9. Tra questi spiccano 23 vulnerabilità che consentirebbero l’esecuzione di codice in remoto senza che sia necessaria alcuna autenticazione.
Nella classifica per prodotti, il gradino più altro del podio se lo assicura Fusion Middleware, con la bellezza di 38 falle di sicurezza, 30 delle quali si sono meritate un CVSS compreso tra 9,8 e 10. In altre parole: un vero allarme rosso.

A rendere ancora più impegnativa l’applicazione delle patch, al di là del numero in valore assoluto, è il fatto che interessano componenti software che di solito sono implementati in piattaforme complesse (e personalizzate) il cui aggiornamento richiede cautela, test e una buona dose di ottimismo per sperare che la procedura fili liscia.
Insomma: la classica situazione che mette i brividi agli esperti di sicurezza. Il rischio, infatti, è che i tempi per l’applicazione delle patch si dilati e lasci aperte delle finestre in cui si possono inserire i pirati informatici.
I problemi, inoltre, potrebbero non finire qui. Una delle vulnerabilità di Solaris, scoperta dal ricercatore italiano Marco Ivaldi di Mediaservice.net, lascerebbe aperto uno scenario in cui bug simili potrebbero presentarsi anche in altri prodotti Oracle.
Come spiega nel suo blog, la falla di sicurezza (CVE-2020-2696) consente di acquisire privilegi di root attraverso una tecnica di attacco di buffer overflow. Secondo Ivaldi, però, è possibile che ci siano altre falle riguardanti altre implementazioni del Common Desktop Environment.
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