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Lug 08, 2019 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, In evidenza, News, Privacy, RSS 0
C’è un proverbio che dice che “il figlio del calzolaio va in giro con le scarpe rotte”. La notizia dell’attacco ransomware subito da Eurofins Scientific, società specializzata in analisi di ogni tipo (da quelli tossicologici all’ingegneria informatica forense) ci si adatta alla perfezione.
L’attacco, secondo quanto si può ricostruire dai vari comunicati dell’azienda, sarebbe avvenuto lo scorso 2 giugno. La dirigenza di Eurofins ha immediatamente denunciato l’accaduto con un comunicato stampa del giorno dopo.
Nel testo si parla di “un nuovo tipo di malware” ma, soprattutto, si fa esplicito riferimento a una procedura di ripristino dei dati a partire dal backup. Insomma: la notizia, fino a quel momento, rientrava nella normalità di un attacco ransomware che (non è la prima volta) aveva colpito un bersaglio di alto livello.
Certo, l’idea che tecnici abituati a lavorare nel settore forensico finiscano vittima di un malware ha fatto sollevare qualche sopracciglio, ma nulla di più.
Anche il successivo comunicato del 10 giugno, in cui l’azienda aggiornava sulla situazione delle sue infrastrutture IT, non conteneva alcuna notizia sconvolgente. Le uniche notizie di rilievo riguardano il fatto che il malware in questione non sarebbe stato rilevato dagli antivirus e che il ripristino dei sistemi era in corso.
Venerdì sera, però, Eurofins ha ammesso che il ripristino dei sistemi non è avvenuto attraverso l’uso dei backup, ma pagando il riscatto richiesto dai pirati informatici.
Un “dettaglio” che cambia decisamente le carte in tavola. In primo luogo perché una società che collabora regolarmente con le forze di polizia ha adottato una strategia (se la vogliamo chiamare così) che di solito viene sconsigliata dalle stesse forze dell’ordine.
In secondo luogo perché tutti i dati contenuti nei loro sistemi, alla luce di questa notizia, potrebbero essere considerati inaffidabili.
E non stiamo parlando di contratti e fatture, ma di esami del DNA e analisi tossicologiche che dovrebbero essere utilizzate in tribunale come prove.
Le autorità si sono affrettate a dichiarare di “non vedere alcuna ragione per credere che ci sia stato un impatto sulle prove elaborate dalla società”. L’affermazione, però, è decisamente ottimistica.
Considerato che tutti i dati nei sistemi di Eurofins hanno subito un processo di crittografia eseguito da un malware e una decodifica portata a termine con uno strumento fornito da cyber-criminali, sostenere che i dati possano essere considerati “integri” è un azzardo che qualsiasi avvocato in aula potrebbe sottolineare per mettere in dubbio l’affidabilità delle prove.
Insomma, sulla base dell’incidente avvenuto il 2 giugno, centinaia (migliaia?) di processi potrebbero essere invalidati o ritardati a causa della possibile inaffidabilità dei dati forniti da Eurofins.
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