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Ott 12, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, Hacking, In evidenza, Intrusione, News, RSS 0
Normalmente ci si aspetterebbe che esercito e strutture governative siano più attrezzate dei semplici privati per fronteggiare gli attacchi informatici e proteggere i loro segreti. A guardare la cronaca di questi giorni, però, viene da dubitarne.
Anche le strutture militari, infatti, mostrano di sottovalutare le vulnerabilità che possono mettere in pericolo la riservatezza di informazioni decisamente “sensibili”.
È il caso dell’Australia, che ieri ha ammesso di aver subito un furto di documenti (circa 30 GB di dati) riguardanti mezzi in dotazione al suo esercito. Nel dettaglio, la documentazione riguarderebbe i nuovi caccia F-35, gli aerei da carico C-130, le bombe guidate JDAM e il velivolo Boeing P-8 Poseidon (un aereo dedicato alla rilevazione e all’attacco di sottomarini). I documenti avrebbero contenuto anche “alcune informazioni riguardanti unità navali”.
L’intrusione, a quanto risulta dalle comunicazioni ufficiali, è dovuta alla violazione dei sistemi informatici di un’azienda privata che collabora con l’esercito australiano.
Secondo quanto viene riportato dalle agenzie di stampa, i pirati non hanno dovuto sudare sette camicie per introdursi nei sistemi: l’accesso prevedeva come credenziali username “admin” e password “guest”. Niente male per una società che conserva sui suoi sistemi informazioni riguardanti progetti militari.

Spendere miliardi per sviluppare dei caccia iper-tecnologici e poi lasciare la documentazione su server protetti da password ridicole? Succede anche questo…
Se l’Australia piange, la Corea del Sud non ride. È di questi giorni infatti la notizia che “quantifica” i danni provocati dall’attacco subito nel settembre 2016 dall’esercito sud coreano a opera dei “cugini” della Nord Corea.
Ai tempi, infatti, il governo di Seul si era limitato a condannare l’azione, senza specificare quali informazioni fossero state sottratte.
Ora se ne sa di più: come riporta il New York Times, gli hacker al soldo di Kim Jong Un avrebbero messo le mani sulla bellezza di 235 GB di dati, anche se le indagini non hanno ancora permesso di capire esattamente quali documenti siano stati sottratti.
Stando a quanto dicono le fonti ufficiali, infatti, l’esercito avrebbe identificato solo il 20% della documentazione sottratta. Già così, però, c’è da mettersi le mani nei capelli. Tra il materiale rubato ci sarebbero infatti i piani messi a punto da Corea del Sud e Stati Uniti per un eventuale attacco alla Corea del Nord.
In particolare, la documentazione conterrebbe tutti i dettagli delle strategie per un attacco “mirato” nei confronti del presidente nordcoreano. E poi ci si stupisce che la tensione nell’area sia in crescita…
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