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Giu 14, 2016 Marco Schiaffino Mercato, News, Privacy, Prodotto, Scenario 0
Un’operazione da 4,65 miliardi di dollari porterà alla maxi-fusione tra Symantec e Blue Coat, azienda specializzata in servizi cloud e sicurezza.
Stando a quanto annunciato domenica scorsa, la fusione dovrebbe concretizzarsi entro il prossimo ottobre e a capo del nuovo colosso siederà l’attuale CEO di Blue Coat Greg Clark.
Se da un punto di vista finanziario si tratta di una delle più grandi acquisizioni mai fatte da Symantec, che dovrebbe portare la nuova società ad avere un fatturato annuo di circa 4 miliardi di euro, da quello operativo sta creando non poche polemiche nell’ambiente della sicurezza informatica.
L’annuncio dell’accordo campeggia anche sull’home page del sito di Blue Coat
Parlare infatti di “diavolo e acqua santa” può essere eccessivo, ma per descrivere il matrimonio tra Symantec e Blue Coat la metafora rischia di essere piuttosto azzeccata.
Se la prima è specializzata in antivirus, protezione e certificazione, la seconda ha infatti un campo d’azione decisamente ampio, che comprende anche la fornitura di software di sorveglianza a forze di polizia e agenzie governative.
Un’attività per cui Blue Coat è finita nell’occhio del ciclone quando nel 2013 Reporter Senza Frontiere ha denunciato che i suoi prodotti sarebbero utilizzati dai servizi segreti di dittature come Iran, Sudan, Siria e Myanmar.
Solo 3 anni fa il Washington Post riportava i sospetti riguardo il possibile utilizzo dei prodotti Blue Coat da parte di governi totalitari.
L’azienda ha sempre negato qualsiasi responsabilità, ma resta il fatto che Blue Coat produce esattamente il tipo di software che ci si aspetta che un antivirus blocchi e fornisce servizi di controllo che stridono con le policy di un ente che fornisce certificati SSL.
Solo qualche settimana fa le due aziende avevano fatto parlare di sé esattamente per lo stesso motivo, quando alcuni ricercatori si sono accorti che Blue Coat aveva la possibilità di agire come certificatore intermedio con la “garanzia” di Symantec.
In quell’occasione la società antivirus ha giustificato la collaborazione sostenendo che si trattasse di un certificato fornito per “test interni”. In futuro è probabile che Symantec dovrà fornire solide garanzie riguardo ai possibili conflitti di interesse nella gestione delle sue attività “allargate”.
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