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Set 14, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Gestione dati, Hacking, In evidenza, Intrusione, News, RSS, Vulnerabilità 0
Come volevasi dimostrare: i pirati informatici che si sono introdotti nei sistemi di Equifax, l’agenzia che gestisce le informazioni personali di milioni di consumatori in USA, Gran Bretagna e Australia, non sono dei maghi del crimine informatico. Hanno semplicemente approfittato dell’ennesimo “buco” lasciato aperto dagli amministratori.
Con un aggiornamento sul sito www.equifaxsecurity2017.com, il portavoce dell’agenzia ha fornito maggiori dettagli sulla vicenda, spiegando che è stata individuata la causa dell’intrusione che ha portato al furto delle informazioni personali di oltre 143 milioni di persone.
L’attacco, che secondo i responsabili di Equifax si sarebbe verificato a metà maggio, avrebbe quindi sfruttato una vulnerabilità che è stata corretta a marzo. Questo significa che gli amministratori dei sistemi hanno impiegato più di due mesi per applicare una patch che era stata resa disponibile contestualmente alla pubblicazione della vulnerabilità.
La falla di sicurezza in Apache Struts (una piattaforma per Java estremamente diffusa in ambito enterprise) consentiva l’esecuzione di codice in remoto ed era stata segnalata dagli stessi sviluppatori che l’avevano catalogata come “critica”, invitando tutti gli utenti ad applicare il prima possibile gli aggiornamenti.
***foto***Evidentemente la percezione del termine “critico” non è la stessa per tutti. Lasciare i sistemi esposti per due mesi a un attacco di questo tipo corrisponde a un invito per i cyber-criminali.
I pirati informatici, quindi, non hanno fatto nulla di straordinario. Come accade sempre più spesso, hanno solo letto con attenzione i report e hanno sfruttato tempestivamente l’opportunità. D’altra parte, come avevamo scritto a suo tempo, non sono stati gli unici.
Sulla base di questi presupposti, le decine di class action promosse dai consumatori nei confronti di Equifax rischiano di diventare un serio problema per l’agenzia statunitense. Se fossero confermate queste tempistiche, infatti, negare la responsabilità dell’ente diventa molto difficile.
Per le aziende italiane la vicenda può rappresentare un fulgido esempio di quello che significherà l’avvio dell’applicazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) prevista per maggio 2018. Casi come questo, da quella data, saranno sanzionati pesantemente.
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